Gioco e sviluppo cognitivo nel bambino
Quando si pensa al gioco dei bambini spesso ci si riferisce solamente a una dimensione di tipo ludico e piacevole, che non ha una funzione di tipo finalizzato ma che si connota semplicemente all’interno della dimensione ricreativa e di intrattenimento del bambino.
In realtà il gioco nella fase evolutiva del bambino ha molteplici funzioni ed è una delle pietre miliari dello sviluppo cognitivo. Inoltre dal punto di vista psicoterapeutico, in particolare dal punto di vista psico analitico, il gioco assume una funzione di tipo catartico. Tutto quello che il bambino vive nel suo inconscio, e che è troppo difficile da gestire, può essere espresso tramite il gioco, che assume in questo modo una funzione di rielaborazione dei contenuti.
Dal punto di vista neuropsicologico e cognitivo il gioco è un indicatore fondamentale della competenza cognitiva del bambino.
Nel corso dei primi due anni di vita il gioco è caratterizzato da un insieme di azioni ripetitive che hanno come obbiettivo quello di fornire al bambino una stimolazione piacevole. Siamo nel periodo delle “reazioni circolari” secondo la teoria di Piaget. Il gioco non ha alcuna valenza fantasiosa, ma anzi è concreto e volto a creare uno spettacolo interessante per il bambino. Si pensi per esempio al momento in cui i bambini lanciano ripetutamente gli oggetti per terra o verso le pareti con l’unico obbiettivo di vedere se rimbalzano.
Nel corso del secondo anno di vita alcune attività di gioco di tipo pre-simbolico, come i giochi in cui alcuni oggetti appaiono e poi scompaiono. Alla fine dei due anni i bambini raggiungono la “permanenza dell’oggetto” sono cioè in grado di capire che qualcosa che non vedono non necessariamente è scomparsa, ma magari si cela dietro uno schermo.
Passati i primi due anni le funzioni motorie, in particolare il cammino, e le funzioni linguistiche maturano, e di conseguenza il gioco supporta e si sviluppa intorno alle abilità crescenti del bambino. A partire dai tre, fino ai quattro anni circa, il gioco è ancora caratterizzato da una modalità concreta e tangibile. I bambini giocano con gli oggetti, li manipolano, li studiano, ma il loro uso rimane fortemente concreto. Il gioco in questa fase ha la funzione di supportare lo sviluppo motorio e di far sperimentare al bambino tutte le possibilità di movimento e manipolazione con il proprio corpo. Permette inoltre un’esplorazione dell’ambiente che aumenta il senso di agency del bambino. Inoltre in questa fase il gioco diventa sociale: il miglioramento delle funzioni linguistiche permette ai bambini di comunicare efficacemente tra di loro e iniziare a svolgere giochi in gruppo. All’interno dei giochi di gruppo ogni bambino assume un ruolo e deve svolgere un compito con l’obbiettivo di ottenere uno scopo comune.
Da questo momento in avanti si iniziano a sviluppare le funzioni di gioco simboliche. Il bambino inizia a staccarsi dalla dimensione reale e inserisce alcuni contenuti di fantasia (il simbolo appunto) all’interno dei suoi giochi. Il bambino riesce ad immaginare una funzione diversa da quella dell’oggetto perché ha una rappresentazione stabile dell’oggetto e delle sue caratteristiche nella propria mente, ed è in grado di manipolarla ed utilizzarla a supporto del gioco. È in questa fase che vediamo i bambini utilizzare per esempio una scopa può essere utilizzata per simboleggiare un cavallo da cavalcare. Gli oggetti iniziano ad avere una funzione che non è la propria: lo sviluppo del bambino si situa tra il periodo pre-operatorio e operatorio concreto di Piaget: il gioco si è ancora staccato del tutto dalla dimensione concreta (uso di un oggetto) ma il bambino ha iniziato a conferirgli un connotato magico, o meglio simbolico. Con lo sviluppo delle abilità di mentalizzazione il gioco simbolico si stacca ancora di più dalla dimensione reale degli oggetti e i bambini sono in grado di inscenare vere e proprie ambientazioni fantastiche. È a partire dai 5 anni che possiamo vedere i bambini fare finta di essere dei cavalieri all’avventura, o animali nella savana, o ancora di inscenare momenti di vita quotidiana e giochi di accudimento. Ogni bambino diventa un piccolo attore con il proprio ruolo e il proprio copione da rispettare. Le capacità di mentalizzazione permettono inoltre al bambino di immedesimarsi nel ruolo altrui, di esprimere e di anticipare i contenuti emotivi, propri e altrui, comprendendo le reazioni e gli stati d’animo mentre impersonano scene di vita quotidiana.
Con l’inizio dell’adolescenza l’evoluzione del gioco subisce un cambio di rotta: la capacità di giocare attraverso l’uso di simboli lascia spazio alla rappresentazione del reale, favorendo le relazioni sociali fra pari e abbandonando la dimensione immaginativa.
Dott.ssa Giulia Bertoluzzo | Psicologa