Come comunicare con il malato di Alzheimer
Già nelle prime fasi della malattia possono insorgere, nel malato, anche disturbi del linguaggio a carico sia della produzione che della comprensione. A causa della crescente difficoltà nella denominazione di oggetti, la persona con malattia di Alzheimer utilizzerà sempre più frequentemente parole passe-partout (ad esempio, "il coso", "la cosa"), neologismi, circonlocuzioni e giri di frasi (ad esempio, "la cosa che serve per lavarsi" per dire "sapone").
Già nelle prime fasi della malattia possono insorgere, nel malato, anche disturbi del linguaggio a carico sia della produzione che della comprensione. A causa della crescente difficoltà nella denominazione di oggetti, la persona con malattia di Alzheimer utilizzerà sempre più frequentemente parole passe-partout (ad esempio, "il coso", "la cosa"), neologismi, circonlocuzioni e giri di frasi (ad esempio, "la cosa che serve per lavarsi" per dire "sapone").Progressivamente il paziente mostrerà difficoltà nel comprendere e seguire dialoghi veloci, conversazioni complesse tra più persone soprattutto se l'ambiente in cui si svolgono è caotico e rumoroso.
Il progressivo deterioramento nel linguaggio e nella comunicazione verbale causa spesso reazioni di rabbia e frustrazione, sia nel malato che nel familiare. Molto frequentemente le difficoltà di linguaggio e gli errori vengono rimarcati e sottolineati al malato, il quale tenderà, conseguentemente, a parlare sempre meno e a utilizzare un linguaggio più semplice, a rinchiudersi in se stesso per il timore di sbagliare e per la frustrazione/umiliazione derivante sia dalla consapevolezza di tale difficoltà sia dai rimproveri ricevuti per tali errori.
A differenza della comunicazione verbale, il cui deterioramento progredisce con il progredire della malattia, la comunicazione non verbale (tono della voce, mimica facciale, gestualità, ecc.) tende a rimanere intatta fino alle fasi più avanzate della malattia: i pazienti con demenza, infatti, sono in grado di comprendere i messaggi non verbali e la vicinanza emotiva anche quando la comunicazione verbale risulta fortemente compromessa a causa della malattia.
Nella comunicazione con una persona malata di Alzheimer è quindi importante valorizzare sempre più gli aspetti non verbali, soprattutto quando la capacità di decodificare le parole è andata persa, in modo da poterle trasmettere un senso di calma, serenità e sicurezza. La comunicazione rappresenta, infatti, anche un modo per continuare a stimolare cognitivamente il malato e una vera e propria "strategia di cura" utile a contenere e a ridurre i sintomi comportamentali tipici della malattia.
Di seguito alcuni suggerimenti pratici per poter comunicare in modo appropriato con la persona malata:
1) parlarle mettendosi di fronte a lei, possibilmente alla sua stessa altezza, in modo da favorire il contatto oculare, la lettura delle labbra e della mimica facciale durante la conversazione;
2) parlarle in modo chiaro, non troppo velocemente;
3) utilizzare parole concrete e semplici, frasi brevi e affermative;
4) ricorrere a gesti affettuosi e delicati, che stabiliscano un contatto con il corpo (ad esempio, prendere la sua mano, farle una carezza, abbracciarla, ecc.);
5) modulare il tono della nostra voce (la voce non dovrebbe mai essere troppo alta);
6) accompagnare con la gestualità la comunicazione verbale (in modo da favorire la coerenza tra parole e linguaggio corporeo);
7) non correggere né sottolineare i suoi errori;
8) evitare di infantilizzare il linguaggio e di trattare la persona malata come se fosse un bambino;
9) in presenza di altre persone, evitare di parlare di lei come se non fosse presente ma, anzi, cercare di coinvolgerla nella conversazione rendendo quest'ultima comprensibile anche a lei.
Negli stadi finali della malattia di Alzheimer, una conversazione con il malato risulta essere impossibile. In questa fase è fondamentale che il caregiver continui, però, a mantenere viva la comunicazione con il malato utilizzando frasi elementari, voce calma, stimoli quali, ad esempio, la musica e favorendo più che mai il contatto fisico. Tutti questi aspetti aiutano infatti a rassicurare la persona malata e a evocare in lei emozioni positive: la capacità di provare emozioni, infatti, viene mantenuta e permane nonostante il progredire della malattia.