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Warm Cognition: l’emozione di apprendere

Warm Cognition: l’emozione di apprendere

01 Aprile 2020

Le emozioni si ricordano meglio di qualsiasi altra informazione.
Belle o brutte che siano,
hanno un posto “privilegiato” nella nostra memoria e così tutti gli eventi ad esse legati.

E allora, perché non farne buon uso anche in classe?

Si sente parlare sempre più spesso di Disturbi dell’Apprendimento, Disturbi dell’Attenzione, Iperattività e Bisogni Educativi Speciali. Sono sempre più numerosi i ragazzi che collezionano insuccessi scolastici e non proseguono gli studi dopo la scuola dell’obbligo, ma non è credibile attribuire ogni fallimento scolastico a problematiche di apprendimento o comportamentali.

Forse qualcosa nella didattica attuale non risponde ai bisogni dei nostri ragazzi in modo efficace?

E’ proprio da questa riflessione che un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova ha iniziato alcuni studi che sono poi sfociati nel concetto di Warm Cognition, letteralmente “cognizione calda”. Il calore in questione si riferisce a quello veicolato dalle emozioni che si associano quotidianamente ad eventi di vita quotidiana e che rendono tali eventi più saldi e robusti nella nostra memoria. Questo perché il nostro cervello tende a memorizzare in modo più efficiente le emozioni piuttosto che i contenuti, formando tracce a lungo termine che permangono nel tempo e sono meno esposte ad interferenze. Quando andiamo a recuperare il ricordo di un determinato evento, sperimentiamo nuovamente l’emozione che abbiamo provato quando lo abbiamo vissuto.

Se quindi un bambino apprende sperimentando paura, angoscia o ansia, ogni volta che quella nozione verrà ripescata dalla memoria, si attiverà nuovamente il vissuto emotivo di incapacità e inadeguatezza, intaccando così l’autostima e l’autoefficacia del bambino. Il ripetersi di questo meccanismo per svariati anni scolastici, porterà il bambino a credere di non essere capace ad eseguire quel dato compito, generando ulteriore frustrazione che porterà al fallimento scolastico. Quello che è necessario fare, dunque, è spezzare questa catena distruttiva sostituendo i vissuti negativi con vissuti emotivamente gratificanti.

Ma come fare a trasmettere positività durante le spiegazioni, spesso di argomenti pesanti e noiosi che ben poco hanno di divertente e positivo? L’arma segreta è una soltanto: il sorriso.

Ecco quindi che anche in classe, la comunicazione non verbale diventa assolutamente determinante: lo sguardo dell’insegnante, il tono della voce, il sorriso e il contatto con gli studenti diventano strumenti indispensabili ed efficaci per veicolare positività, curiosità e passione, tutto ciò che serve a far sperimentare emozioni gratificanti durante una noiosa giornata di scuola.


Dobbiamo fare in modo di tracciare degli apprendimenti con emozioni positive per far sì che restino impressi nella memoria quanto più a lungo possibile, e questo accadrà solamente se riusciamo ad instaurare una relazione di profonda alleanza con gli studenti, una relazione in cui l’errore e la paura di sbagliare siano i nemici comuni da sconfiggere e la curiosità e la voglia di conoscenza siano gli obiettivi comuni da raggiungere. Per fare questo, come afferma anche il Dottor Stella – uno dei massimi esperti di processi e disturbi legati all’apprendimento - è necessario che gli insegnanti si sgancino dal ruolo “giudicante” su cui è basato tutt’oggi il sistema educativo, un ruolo che non può far altro che trasmettere paura, senso di colpa ed incapacità. L’insegnante deve diventare un fedele alleato nel processo di apprendimento dei suoi ragazzi, un alleato sorridente che li accompagna alla scoperta del nuovo con passione ed intraprendenza, facendo leva su emozioni positive come la motivazione allo studio, la gratificazione ed il senso di autoefficacia. Questi meccanismi cognitivi sono infatti considerati dalla ricerca dei fattori predittivi positivi per il successo scolastico e facilitano notevolmente i processi di apprendimento.

In sintesi, non è poi così importante cosa si dice, ma come lo si dice: “Un incoraggiamento corregge più di novantotto rimproveri” (Lucangeli, 2015).

Dott.ssa Uccello Silvia – Psicologa esperta in Neuropsicologia Clinica e Tutor dell’Apprendimento

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